Arrampicate sportive ed alpinistiche ad Arco nella Valle del Sarca
 

VIA DELL'UNIVERSO


Racconto di Giuliano Stenghel


Ricordo che quel mattino aveva cominciato a nevicare. Era una nevicata leggera ma insistente, di quelle che non fanno volume ma purificano l’aria. Il paesaggio attorno era avvolto da una nebbiolina spettrale; gli alberi avevano perso il loro verde naturale, come la nostra parete che sembrava avvilita, avvolta nel grigiore. La nostra cordata procedeva lentissima, di tanto in tanto spariva nelle nuvole e soltanto il suono forte del martello che conficcava qualche chiodo nella roccia disturbava il silenzio totale. Appeso con tutto il peso del corpo ad un chiodo, osservavo l’ambiente attorno, godendo di quella rara nevicata a bassa quota; a volte mi giravo verso il mio compagno che faticavo a vedere, nonostante fosse lontano non più di una decina di metri. Mi sentivo solo con il mio problema da risolvere: la nostra via, che seguiva un’esile fessura strapiombante. Martellavo con forza i chiodi, che però stentavano a entrare.

Giuliano Heinz Florian
Florian Kluckner - Heinz Grill - Giuliano Stenghel
“Per proseguire ci vogliono altri chiodi”, mormorai. “Quelli finora piantati sono entrati a malapena di qualche centimetro… dovrò metterne almeno uno buono!”, gridai ad Alex. “Sì… è una buona idea”, mi rispose il mio compagno.Nonostante la giornata si presentasse rigida, gocce di sudore scendevano lungo le mie guance: era la tensione che mi causava la paura di cadere. “Perché noi alpinisti dobbiamo rischiare tanto? Chi ce lo fa fare?”, borbottai. “Come?”, gridò il mio compagno in sosta. “Nulla… nulla di importante, lascia andare, sto invecchiando e comincio a parlare con il vento”, gli risposi in tono scherzoso. Avvertii il mio compagno di corda: “Alex! Mi raccomando fai attenzione perché sono sul niente!”. “Non preoccuparti!”, esclamò e strinse con le mani la corda. Finalmente, un chiodo sicuro, conficcato interamente. Soddisfatto gli infilai nell’anello il moschettone e la corda, poi, con decisione, mi ci aggrappai con tutte le forze. All’improvviso osservai spaventato la roccia rompersi attorno al chiodo. “Maledizione!”, e sentii le budella salirmi nello stomaco: stavo cadendo! “Giuliano…Giuliano ti sei fatto male?”, gridò il mio compagno piegandosi verso di me. “Ok… tutto bene!”.

via dell universo
Heinz Grill sostituisce i chiodi vecchi della via dell'Universo
Alex però continuava a fissarmi per avere la conferma di aver capito. Non convinto cominciai a tastarmi freneticamente ogni parte del corpo e particolarmente la testa, per farmi una veloce diagnosi. L’ambiente attorno si stava muovendo: si muoveva girando, ondeggiando, come dentro una nave nel mezzo di un mare in burrasca. Feci per ripartire ma ebbi un conato di vomito, sputai per liberarmi la bocca e cominciai a massaggiarmi il ventre. Un nodo mi stringeva lo stomaco. Cominciai nuovamente ad azzardare dei movimenti per scoprire in fretta eventuali danni dopo una così brutta caduta. Scosso dalla paura riprovai ad arrampicare ma sentivo un dolore lancinante alla schiena che però cominciò ad attenuarsi con i primi passaggi sulla roccia.

“Sei sicuro di star bene?”. Impiegai qualche istante. “Sì…credo di sì… mi fa un po’ male la schiena”. Intanto mentre pronunciavo queste parole, cominciai ad issarmi lungo la corda. In sosta: “Ho fatto un lungo volo”, esclamai, non sapendo se piangere o ridere. Lassù Alex mi raccontò. “Alzai gli occhi verso te, richiamato da un sordo rumore e per un attimo non ti vidi, eri sparito nel nulla e... lo strappo sul braccio e i chiodi sopra di me che uscivano uno dopo l’altro mi mostrarono la drammaticità della situazione: eri precipitato in un lungo ‘volo’, strappando tutti i chiodi meno quelli di sosta e penzolavi nel vuoto. Per un attimo, un silenzio impressionante presagiva qualcosa di grave, mentre stringevo con tutte le forze la corda tesa come quella di un violino”.

Lasciai trascorrere qualche minuto poi, con un sospiro, mi accinsi a riprovare. I casi erano due: o si rinunciava, portandosi dietro la paura, oppure si decideva di continuare superando ogni ostacolo. Non so perché decisi di proseguire: forse per vincere la stessa paura! Rimisi gli stessi chiodi che si erano precedentemente levati. Mi sentivo oppresso dalla tensione per il timore di cadere nuovamente e magari farmi male. Respiravo a fatica, come se qualcuno mi stesse rubando l’aria, e spalancai la bocca per farlo a pieni polmoni. Cominciai a tranquillizzarmi. Dopo un lungo traverso, i fiocchi di neve che, ora cadevano abbondanti, ci salutarono in vetta.

via dell universo
Nel secondo tiro del diedro
“Sono impressionato”, affermò Alex. “Da che cosa?”. “Da te”. Aggiunse: “Hai fatto un gesto di grande coraggio nel decidere di proseguire”, e mi strinse la mano congratulandosi. “Anche questa volta è andata bene”, risposi sorridendo. Sul sentiero di ritorno, non potei fare a meno di riflettere. Rivolgendomi al mio compagno di corda, osservai: “Per noi alpinisti è normale rischiare. Lo è talmente che diventa parte integrante della nostra passione, della nostra vita. È come l’aria che respiriamo con la differenza però, che non ci accorgiamo di respirare ma di rischiare sì! Il mio alpinismo è una filosofia, una scelta di vita, un modo di essere in montagna. La mia vita ha un significato nella passione per l’arrampicata, per esprimere i miei sentimenti e le mie emozioni: la mia arte, la mia poesia, e… persino i desideri più intimi”.

E Alex, fissandomi così come si guarda qualcuno al di fuori della norma, si domandò a voce alta: “È l’alpinismo più esasperato che ci spinge ad andare oltre anche se a volte ciò comporta dei grossi rischi. Perché rischiamo in questo modo? Perché abbiamo bisogno di vivere forti emozioni?”. Esitai, poi risposi con sincerità: “Un’ipotesi è il fatto di convivere con la morte, allo stesso modo dell’amore”. “Che cosa significa? Vorresti dire che l’amore per una vita intensamente vissuta, ci fa rischiare di morire?”. Mi girai e feci un profondo respiro. “Forse…di certo è il nostro modo di vivere: in continua tensione. Soltanto qualche giorno di pausa, e poi, nuovamente in parete per buttarci in un’altra avventura”. “Una tensione che scompare con l’arrivo in vetta”, concluse Alex. Poi apparve un raggio di sole, illuminando un suggestivo paesaggio invernale di boschi e di montagne candide di neve.